«Vengo in Nazionale anche solo per portare il materiale». La battuta di Álvaro Morata, pronunciata alla vigilia della sfida con la Bulgaria, ha assunto un tono amaro dopo l’ennesima serata in panchina. Il centravanti del Como non ha visto il campo neppure a risultato acquisito, restando spettatore del debutto del compagno di club Jesus Rodriguez e di altri cinque ingressi prima del triplice fischio.
Un declino che pesa
Per il classe 1992 si tratta della quarta esclusione consecutiva, un dato senza precedenti nella sua carriera con la Roja, iniziata nel 2013. Nelle ultime quattro gare di Nations League, appena dieci minuti disputati su 420 disponibili. Una parabola discendente che parte dalla finale persa contro il Portogallo, quando sbagliò il rigore decisivo. Da allora, Luis de la Fuente ha continuato a convocarlo ma relegandolo progressivamente ai margini.
Oggi l’attacco spagnolo vive una fase di rinnovamento: Oyarzabal è il riferimento con 17 gol, mentre Ferran Torres, Dani Olmo, Samu Omorodion e Ayoze Pérez garantiscono duttilità e freschezza. Morata, invece, appare sempre più un simbolo del passato che fatica a trovare spazio in un ciclo generazionale ormai lanciato.
Como come ultima occasione
Il trasferimento al Como offre però a Morata l’occasione per scrivere una nuova pagina. Per tornare centrale nei piani della nazionale, il capitano spagnolo dovrà caricarsi la squadra sulle spalle: gol, leadership e continuità diventeranno l’unico modo per convincere De la Fuente a restituirgli un ruolo da protagonista.
Il rischio, altrimenti, è che la sua avventura con la maglia della Spagna imbocchi la fase discendente proprio mentre il gruppo guarda avanti. Il tempo per invertire la rotta c’è, ma passa inevitabilmente da Mozzate e dal Sinigaglia, non più da Madrid o Londra.